16 Marzo 1978: Rapimento di Aldo Moro. Inizia la fine della prima repubblica.
- Olena Cattani
- 18 mar 2023
- Tempo di lettura: 4 min

“Due agenti dei Servizi segreti aiutarono le Brigate Rosse in via Fani durante il rapimento di Aldo Moro“. Questo il contenuto di una lettera scritta, presumibilmente, da uno dei due uomini che la mattina del 16 marzo ’78 si trovavano sulla moto Honda presente sul luogo dell’agguato e che fu oggetto di depistaggi ed omissioni evidenti.
A rivelare l’esistenza della missiva all’Ansa è un ex ispettore di polizia che dal 2011 al 2012 ha indagato per identificare l’altro uomo alla guida del mezzo scoprendo che, nel frattempo, era morto.
Ma questa indagine, sostiene il poliziotto in pensione, fu “ostacolata fin dall’inizio”. “L’ennesima occasione persa” per capire chi partecipò – o diede appoggio logistico ai brigatisti – al rapimento del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro e al massacro della sua scorta.
L’ex ispettore di polizia Enrico Rossi racconta all’Ansa: “Tutto è partito da una lettera anonima scritta dall’uomo che era sul sellino posteriore dell’Honda in via Fani.
Quell'uomo ci diede le indicazioni ed i riscontri per arrivare all’altro, quello che guidava la moto”. Ma chi inviò quelle righe svelò anche un dettaglio inquietante: gli agenti presenti sul luogo della strage avevano il compito di “proteggere le BR da disturbi di qualsiasi genere. Dipendevano dal colonnello del Sismi Camillo Guglielmi che era presente in via Fani la mattina del 16 marzo 1978″.
La lettera arrivò al quotidiano La Stampa di Torino nell'ottobre del 2009: “Quando riceverete questa lettera, saranno trascorsi almeno sei mesi dalla mia morte come da mie disposizioni. Ho passato la vita nel rimorso di quanto ho fatto e di quanto non ho fatto e cioè raccontare la verità su certi fatti. Ora è tardi, il cancro mi sta divorando e non voglio che mio figlio sappia. La mattina del 16 marzo ero su di una moto e operavo alle dipendenze del colonnello Guglielmi, con me alla guida della moto un altro uomo proveniente come me da Torino; il nostro compito era quello di proteggere le Br nella loro azione da disturbi di qualsiasi genere. Io non credo che voi giornalisti non sappiate come veramente andarono le cose ma nel caso fosse così, provate a parlare con chi guidava la moto, è possibile che voglia farlo, da allora non ci siamo più parlati, anche se ho avuto modo di incontralo ultimamente…”. “Tanto io posso dire, sta a voi decidere se saperne di più”.
Il quotidiano all’epoca passò alla Questura la missiva per i dovuti riscontri. Sul tavolo di Rossi, una vita passata all’antiterrorismo, arrivò nel febbraio 2011 in modo casuale. Non era protocollata e non vennero fatti accertamenti. “Non so bene perché – racconta Rossi – ma questa inchiesta trova subito ostacoli. Chiedo di fare riscontri ma non sono accontentato. L’uomo su cui indago ha, regolarmente registrate, due pistole. Una è molto particolare: una Drulov cecoslovacca; pistola da specialisti a canna molto lunga, di precisione. Assomiglia ad una mitraglietta”. “Per non lasciare cadere tutto nel solito nulla – prosegue l’ex ispettore – predispongo un controllo amministrativo nell’abitazione. L’uomo si è separato legalmente. Parlo con lui al telefono e mi indica dove è la prima pistola, una Beretta, ma nulla mi dice della seconda. Allora l’accertamento amministrativo diventa perquisizione e in cantina, in un armadio, ricordo, trovammo la pistola Drulov poggiata accanto o sopra una copia dell’edizione straordinaria cellofanata de La Repubblica del 16 marzo”. Il titolo era: “Aldo Moro rapito dalle Brigate Rosse”.
“Nel frattempo – va avanti il racconto di Rossi – erano arrivati i carabinieri non si sa bene chiamati da chi. Consegno le due pistole e gli oggetti sequestrati alla Digos di Cuneo. Chiedo subito di interrogare l’uomo che all’epoca vive in Toscana. Autorizzazione negata. Chiedo di periziare le due pistole. Negato. Ho qualche ‘incomprensione’ nel mio ufficio. La situazione si ‘congela’ e non si fa nessun altro passo, che io sappia”.
“Capisco che è meglio che me ne vada e nell’agosto del 2012 vado in pensione a 56 anni. Tempo dopo, una ‘voce amica’ di cui mi fido – dice l’ex poliziotto – m’informa che l’uomo su cui indagavo è morto dopo l’estate del 2012 e che le due armi sono state distrutte senza effettuare le perizie balistiche che avevo consigliato di fare. Ho aspettato mesi. I fatti sono più importanti delle persone e per questo decido di raccontare l’inchiesta ‘incompiuta’”.
Questo è solo un episodio, un riscontro puntuale di come il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro siano stati un Assassinio di Stato, la fine di un'epoca repubblicana e l'inizio di un'altra che nacque avvelenata dal sangue versato e dall'ipocrisia politica del verosimile opposto alla verità. Appare chiaro, o quanto meno, sempre più chiaro come le sedicenti "Brigate Rosse" furono un'organizzazione controversa, infiltrata e strumentalizzata da quegli stessi poteri che si proponeva di abbattere politicamente militarmente.
Le prove di auto-evidenti di questa realtà fatta di strumentalizzazione e di propagandistica provocazione sociale per il raggiungimento di scopi elettorali e di potere reazionari ed eterodiretti nel quadro degli equilibri non solo nazionali ma internazionali determinati dalla "guerra fredda" e dalle dinamiche di confronto di classe di quel periodo.
E tutto questo si scontra e travolge la dimensione umana, straziandola: "E questo è tutto per il passato. Per il futuro c’è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande, grande carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi. Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi. (...) Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo. Amore mio, sentimi sempre con te e tienimi stretto".
Con queste parole indirizzate alla moglie Eleonora, Aldo Moro entra nella storia del nostro Paese, nella memoria e nella coscienza di ognuno di noi.
Che ogni gesto di amore possa diventare un'Opera di Pace e di Giustizia Sociale: per la vita, contro ogni abuso del potere!
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